
·Purtroppo Teramo·
L’adulazione è il suo mestiere. Però questa volta ci è inciampato sopra. E insomma: andato ad Ancona a parlare di Macroregione Adriatico-Ionica, il presidente della Regione Luciano D’Alfonso tanta la foga tanta la premura tanta la voglia di riconquistare il vicino di casa un po’ refrattario e determinato ad andare per la propria strada, ha detto che l’università “purtroppo non l’ho fatta nelle Marche”. Apriti cielo.
I teramani infuriati, gli abruzzesi sdegnati, e giù tutti a criticare, che insomma lui calpesta le università abruzzesi che si vergogna di dire che si è laureato a Teramo che se ne andasse nelle Marche se proprio ci tiene tanto. Insomma Dalfy scivola su quel “purtroppo” ma ci mette pure il carico da undici: nello stesso convegno, aggiunge a titolo risarcitorio, che comunque si è “laureato in una città vicina alle Marche”. Senza mai nominarla, Teramo (e mettiamoci pure che un’altra laurea se l’e’ presa a Chieti ma quella, con tutto il colle teatino, l’ha proprio rimossa). E insomma riapriti cielo, e i teramani che si rinfuriano eccetera eccetera. Adesso, passi la gaffe, ironicamente raccontata da Antonio D’Amore nel suo “Veratv”, passi la buccia di banana sulla quale ieri pomeriggio si è buttato a pesce il parlamentare azzurro Fabrizio Di Stefano (“Bell’esempio di orgoglio per le università abruzzesi” ha attaccato), ma la coerenza no?
Insomma: la Regione Abruzzo snobba l’autorità portuale delle Marche e si butta a capofitto su Civitavecchia al grido (di Camillo D’Alessandro) “noi subalterni mai”, e adesso tutta questa corte spietata per la Macroregione? Senza contare il fatto che le Marche all’Abruzzo manco se lo filano e che hanno già stretto un patto di ferro con la Toscana e l’Umbria, altro che storie.
Così Di Stefano, che aveva cavalcato l’orgoglio abruzzese, scrive che
“già le vicende dell’ateneo D’Annunzio, che quotidianamente salgono alla ribalta delle cronache, non contribuiscono a dare lustro al nostro sistema universitario, se si aggiungono anche queste dichiarazioni di D’Alfonso siamo davvero arrivati al capolinea”.
Talmente capolinea che in un battibaleno lo staff dalfonsista replica: il comunicato al veleno è affidato ad Andrea Catena che naturalmente difende D’Alfonso, ma figuriamoci se voleva calpestare le università lui che nel Masterplan gli ha dedicato due interventi con i fiocchi, piuttosto Di Stefano è “eticamente confuso” dalla sua “nuova attività di locandiere”. Allude il D’Alfonso inCatenato, al fatto che Di Stefano ha rilevato il ristorante “La Casina dei Tigli” a Chieti, e così lo chiama il locandiere, sottile allusione a Mirandolina, la locandiera di Goldoni.
Certo, Di Stefano avrebbe potuto sfumare, proprio lui che si è davvero laureato a Camerino nelle Marche, ma il Dalfy inCatenato è uscito di brocca: anche perchè tutto questo tempo avrebbe potuto dedicarlo a qualcosa di più serio.
ps: alla fine, che lui tenga alle Università è risaputo: per esempio, il rettore di Teramo Luciano D’Amico è in testa alle sue quotazioni, talmente in testa che molti lo danno come prossimo candidato governatore alla Regione. Con buona pace di Camillo D’Alessandro (che si consolerebbe, in ogni caso, con un seggio da parlamentare). Quando le elezioni non è scontato che si vincano, il centrosinistra è sempre pronto a cedere il posto alla “società civile”, eh.