
·Attenti all’Aquila·
Sembra una battaglia tutta aquilana uno scontro per le candidature una resa dei conti una guerra dei nervi. E in parte lo è. Ma è da qui, L’Aquila Abruzzo Italia, che parte la crociata contro Luciano D’Alfonso e contro quello che sarà o dovrebbe essere il dopo referendum: voti, elezioni, candidature, poltrone, interrogativi, staffette. Staffetta, al singolare, la parola magica.
Oggi all’Aquila si vota il bilancio e il centrosinistra al governo della città si spaccherà. In Consiglio, perchè fuori si è già spaccato da un pezzo. Lo scontro è andato in onda più sulle tv e su Facebook che altrove, tanto da oscurare persino le sortite del vice sindaco Nicola Trifuoggi, diventato improvvisamente un pasdaran anti-Cialente per ritagliarsi un futuro da candidato-sindaco e ora forse più che mai, con un pugno di mosche in mano, costretto alle dimissioni. No, Trifuoggi non se lo fila più nessuno.
A dare fuoco ci ha pensato il presidente del Consiglio comunale Carlo Benedetti, che ha fatto suoi i malumori di Rifondazione e Si che non voteranno il bilancio, un bilancio a zero con tasse a mille e tagli al sociale che resta appeso a una semplice promessa: i 16 milioni di euro che Renzi ha garantito al sindaco: <L’Aquila è diventata una città dalfonsocentrica>, ha detto Benedetti, e le chiavi della città gliele ha consegnate Cialente.
Benedetti pensa alle primarie per il sindaco: il vice presidente della Regione è il candidato predestinato, e lui di fronte a Giovanni Lolli non farà uno ma due passi indietro. Poi c’è l’autocandidatura di Americo Di Benedetto, ex sindaco di Acciano e presidente di Gran Sasso acqua, un po’ straniero per molti aquilani e soprattutto molto ma molto democristiano, sia pure ex. Quindi graditissimo a D’Alfonso. Primarie fasulle, per Benedetti, che servirebbero solo a reggere il velo della sposa, cioè Lolli, e alle quali lui certo non si presterebbe. Ma che servirebbero, nel caso di rinuncia dell’ex presidente della Regione, a spianare la strada allo “straniero”.
E a questo punto si apre lo scenario regionale: se Lolli va a fare il sindaco dell’Aquila, alla Regione si libera un posto da vice presidente. Eccola, la staffetta. un vice presidente che potrebbe diventare reggente e poi prossimo candidato governatore se si votasse nel 2017, cioè dopo il referendum e Luciano D’Alfonso andasse in Parlamento. Due anni prima della scadenza del mandato. Una poltrona che piacerebbe molto a Camillo D’Alessandro, il delfino dalfonsiano che avendo rinunciato al ruolo di sottosegretario per accontentare Sel e Mario Mazzocca, si ritrova in credito e potrebbe essere intronizzato con tutti gli onori.
Però alla fine Lolli potrebbe decidere pure che no, fare il sindaco non vale la pena. E che è meglio restare alla Regione. A quel punto Di Benedetto diventerebbe l’asso nella manica di D’Alfonso per controllare la città. Ed è quello che Benedetti a questo punto vuole impedire a tutti i costi.
Il Pd dal canto suo non si capisce bene che ruolo stia svolgendo. Finora silente e appiattito sulle posizioni dalfonsiane, potrebbe non accettare che D’Alfonso molli la Regione in così netto anticipo: una cosa è se si votasse alle Politiche nel 2018, un’altra è il 2017, con la prospettiva quindi di sei mesi di reggenza (affidati a D’Alessandro o chi per lui), e di un anno di commissariamento. E’ chiaro però che finora il partito non sembra in grado di ostacolare un progetto a cui il governatore non rinuncerà mai, secondo i fedelissimi: gli è già capitato una volta di restare (in quel caso sindaco di Pescara), abbandonando l’idea di candidarsi alla Regione, con tutto quello che ne conseguì. E ora, anche per scaramanzia, non si ripeterà più. Insomma, D’Alfonso andrà a Roma a fare il parlamentare, questa è l’ipotesi più probabile. Lasciando in sella il suo delfino. Almeno se il partito glielo consentirà.
Nel frattempo, all’Aquila hanno fiutato l’aria e ieri sulla bacheca di Carlo Benedetti è andato in scena uno scontro durissimo col sindaco Massimo Cialente. Col presidente del Consiglio che chiede di rinnovare subito un patto ulivista <per bloccare sul nascere le prospettive neocentriste in itinere> e di non sottovalutare il malessere di Rifondazione e Si, e Cialente che cade dal pero e tenta di salvare il salvabile. Cioè il bilancio. Che poi la città finisca nelle mani di D’Alfonso, a lui poco importa: anzi, finito il mandato, dovrà trovare una nuova collocazione che solo il governatore futuro parlamentare gli potrà garantire.
Ps: ma è chiaro che a partire da oggi, ne vedremo delle belle. Anche perché pure Stefania Pezzopane, al momento, sta alla finestra.