
·Riecco Micucci·
Ci voleva una nuova poltrona di consolazione per lui, Rocco Micucci, uomo di centrodestra ma amatissimo dal presidente Luciano D’Alfonso, perchè la prima nel frattempo era diventata una sediolina. Talmente amato che Dalfy lo scorso anno gli ha cucito un vestito apposta: su misura, ritagliato al centimetro e di gran prestigio che però a settembre il nuovo cda Fira gli ha mandato di traverso, tagliandogli tutti i benefit.

Rocco Micucci
E allora D’Alfonso che fa: tra un viaggio a Roma, un convegno, una foto un comunicato sui fondi europei, si inventa il premio di consolazione. E ieri presenta la sua proposta: Micucci in sella al Ciapi (Centro interaziendale per l’addestramento professionale nell’Industria). La delibera, portata ieri in Giunta regionale col numero otto, prevede il conferimento all’ex presidente Fira dell’incarico di amministratore straordinario. Col nome di Micucci scritto a matita. Solo che i due assessori ribelli Andrea Gerosolimo e Donato Di Matteo la bloccano sul nascere. E la mandano di traverso a Dalfy, che è costretto a rimetterla nel cassetto: vogliono fare un approfondimento sul nome, dicono loro. Ma di fatto sono stanchi delle nomine del presidente facciotuttoio.
Un Micucci per tutte le stagioni: era il 9 settembre del 2015 quando la Fira (Finanziaria regionale abruzzese) procede al rinnovo del cda: il presidente, tra l’altro sindaco di Rapino, deve liberare la poltrona. Non sia mai detto: Dalfy lo nomina segretario generale. Incarico nuovo di zecca confezionato apposta per lui: potere, poltrona, funzioni e super stipendio assicurati per altri cinque anni. La nomina serve per assicurare continuità tra la vecchia e la nuova governance, si giustifica il presidente della Regione costretto a fare una modifica allo Statuto per potergli garantire la poltrona. Ma scoppia un putiferio: si ribella addirittura il segretario del Pd Marco Rapino, che in questi anni di era dalfonsiana non fa sentire quasi mai la sua voce. Senza effetto.

Micucci si fa un selfie con Renzi
Niente: Rocco Micucci resta ben saldo in sella, per circa un anno. Fino a quando il nuovo cda della Fira costringe Dalfy al dietro front e lo costringe a firmare una lettera di poche righe con cui Micucci viene riportato nei ranghi. Da quel giorno in poi limiterà all’ordinaria amministrazione e agli affari in corso. L’auto a noleggio gli era stata già tagliata con le norme anti-sperpero e a malapena quindi gli lasciano uno strapuntino. Uno strappo che Dalfy fa per non urtare la sensibilità del nuovo presidente, il suo commercialista Alessandro Felizzi, costretto a convivere con una controfigura. A Micucci infatti in prima battuta D’Alfonso aveva lasciato una serie di importantissime funzioni, prerogativa di un presidente vero e proprio, con delega bancaria, poteri con firma singola. Insomma, tutto il cucuzzaro. Più un compenso di 24 mila euro netti e i rimborsi per le spese.
E siccome da qualche mese tutto questo era finito, ora urge rimetterlo in sella: e che c’è di meglio del Ciapi.

I tre ribelli
ps1: e che importa che il Ciapi stia collassando, con un debito da 5 milioni di euro e i dipendenti senza stipendio. Gli stipendi che contano sono altri.
ps2: la delibera è ferma, grazie ai ribelli che sabato incontreranno Dalfy e tutta la maggioranza perchè il presidente si è detto disposto a rimettere a punto il programma. Nel frattempo Giorgio D’Ignazio (Ncd) ha assicurato che lui rimane all’opposizione, anche se si comporta da consigliere di maggioranza. Se non si era capito, tutte mosse per prendere tempo, in attesa del 4 dicembre.